Una delle domande piú frequenti e probabilmente una delle prime domande che ci si sente rivolgere in qualitá di expats in Oman (dopo il momento di silenzio, la faccia frastornata e la tipica domanda. Oma? Che? Dove?) é: “cosa fai in Oman?”.
Credo che sia una delle domande che odio di piú, principalmente perché quello che faccio qui ancora non l’ho capito nemmeno io.
Capisco tuttavia che la curiositá é legittima: a volte si tratta di curiositá genuina, altre volte é una specie di domanda-sondaggio per capire se effettivamente potrebbe essere un posto da valutare per lavoro e per vivere (in alcuni casi trattasi di curiositá-panico dovuta a una proposta di lavoro rivolta all’altra metá).
Se appartenete alla seconda categoria allora meglio chiarire le cose subito. Questo é un paese che attrae due estremi: da una parte i professionisti ultra specializzati con bagaglio di esperienza (vero o falsificato che sia) destinato as essere pagato a prezzo d’oro e inesorabilmente sprecato dal sistema (non) professionale locale. A questa categoria di solito appartiene l’expat (abbreviazione inglese per “expatriate” ovvero espatriato) occidentale che in generale gode ancora di numerosi privilegi e status quo reminiscenti di un’era vagamente coloniale ormai estinta in altre parti del mondo. Una dimensione che in realtá si assottiglia col tempo e che gli expat di piú vecchia data disperatamente si affannano a proteggere con denti e unghie; all’apice opposto si posizionano i cosí detti “labourers” ovvero la manodopera non specializzata. Il vero motore e forse anche un pó la “rovina” del paese: lavoratori che per pochi soldi fanno tutto quello che nessun altro vuole fare; costruire muri storti sotto il sole cocente, raccogliere la spazzatura che viene gettata dai lucidissimi fuori strada in corsa, esecuzione di lavori domestici in maniera approssimativa e sbadata, riparazioni di qualsiasi genere solitamente atte a rompere tutto il resto e anche lavori che non esistono in altre parti del mondo come il tea-boy (il ragazzo che fa il te in ufficio) o il cartello vivente, ovvero quello che sventola la bandierina al bordo della strada per indicare che ci sono lavori in corso pochi metri piú avanti e la cui vita ha ovviamente un prezzo di mercato inferiore alla segnaletica.
E nel mezzo? Il fenomeno dell’omanizzazione (vi invito a usare Google per capire cosa sia) e non dimentichiamo gli insegnanti (molto spesso mogli di individui appartenenti alla categoria eletta o singles che hanno abbracciato la professione inseguendo la chimera del “free ticket to the world”.
Tutto questo per dirvi che se aspirate a una vita relativamente agiata in Oman (che é fondamentalmente alla base del motivo per cui uno si installa in questa parte del mondo) é meglio che apparteniate ad una delle seguenti categorie:
- schiavi del petrolio
- quelli che da bambini giocavano a costruire ponti e strade con il lego (e che hanno realizzato il loro sogno)
- consiglieri del diavolo
- diplomatici
- top-guns
Per il resto, in bocca al lupo.